LOLASOFT INC. © 1976

 

UNIT         : FOX ELECTRONICS 508-V01

CODENAME     : THE MONOLYTH

TIME UPDATING: 29.04.05 20:02 CET

CODENAME     : RICORDANDO LO STESINO

PAGE         : 050429

CHECKSUM     : OK

 

READING… 

 

 

 

RICORDANDO LO STESINO

 

Un amico che gestiva un sito motociclistico mi pubblicò la storia del mitico "Stesino" - di Lola Fox

 

A proposito del più veloce dei motorini che ho avuto da adolescente, un motorino auto costruito un pezzo qua e un pezzo là, un mio amico di vecchia data che gestiva un sito motociclistico mi chiedeva:
"Secondo me sei stato uno dei precursori del tuning. Oggi fanno tutti i fenomeni comprando pacchetti di elaborazione già pronti mentre tu invece ti smaronavi ad elaborare il motore in maniera artigianale. A che velocità era arrivato sullo stradone, che non ricordo? I 90?"

 

Veramente…  i 104 sulla Trasversale di Pianura (SP3) tra Funo e San Giovanni P. (uno stradone lungo e dritto a nord di Bologna  oggi trafficatissimo, all’epoca, 1979, sempre vuoto). Tuttavia non ci tengo a raccontare queste cose. Oggi, over 40 già da un po’, mi considero pazzo se penso a quelle imprese funamboliche. Sulle SS viaggiavo tranquillamente a 80-90 assieme al flusso auto sebbene avessi un 50ino. Ero senza assicurazione perché all’epoca (fine anni 70 cavallo 80) non era obbligatoria. Ero incosciente! Mi è sempre andata grassa, ma con un minimo di sfiga, mi sarei potuto anche ritrovare oggi su una sedia a rotelle. Se avessi un figlio che fa queste robe lo terrei incatenato al letto, e poi lascia che i Carabinieri mi arrestino per segregazione di minori. Se solo avessi ammazzato uno (o anche solo fatto dei danni gravi), mio padre e mia madre si sarebbero mangiati la casa! All'epoca ero adolescente e avevo pure io l'incoscienza tipica che si ha a quella età, ma non posso per questo fare un processo ai miei genitori. Non è facile fare i genitori e stare sempre ne troppo di qua ne troppo di la.

 

L’unica cosa che mi “consola” è che erano altri tempi. Non vuole essere una giustificazione, ci mancherebbe, ma solo una piccola attenuante. All’epoca infatti, cose così erano considerate meno gravi di oggi semplicemente perché gli standard erano diversi. Allora era “normale” che molti motorini facessero quelle peripezie, come era “normale” ad esempio scazzottarsi tra compagni di scuola o prendere botte dai genitori. Come era “normale”  uscire dalla scuola negli orari di lezione e andare a giocare a biliardo. Oggi essendo cambiati gli standard medi, queste cose non sono più considerate “normali”. Cambiando cioè le regole sociali, cambia il metro di riferimento. E di conseguenza può passare la mia attenuante: “erano altri tempi” anche se la mia incoscienza passata comunque resta.

 

Si, mi smaronavo a elaborare da me stesso il mio motore: mi piaceva e poi non c’erano soldi per comperare le elaborazioni già fatte. Se avessi chiesto a mia madre dei soldi per una elaborazione (cilindro e pistone Pinasco costava attorno alle 30.000 lire dell'epoca) mia madre mi avrebbe... "dato il resto". Cioè mia madre non mi dava certo dei soldi per fare andare il motorino più forte e più di tanto non potevo chiedere, dovendo tergiversare scuse di acquisti di altri prodotti. Risparmiavo anche sul panino dell'intervallo a scuola: mia madre mi passava il panino al prosciutto e io prendevo quello alla mortadella. Bisognava aggirare l’embargo con ogni sistema, cioè arrangiarsi di continuo. Come dicevo prima: altri tempi… Molti meno soldi di oggi per noi figli del tempo...
Altri ricordi…

 

Quando decisi di fare quel motorino recuperando un vecchio "cesso" decisi di verniciare il telaio a forno, ma per economizzare andai con mio padre da un suo amico in pensione che faceva il carrozzaio a tempo perso (cioè in nero). Si chiamava ******rini ma lo chiamavano ******rone  perché era grande grosso e anche molto burbero e grezzo. Ma fondamentalmente buono. Quando si tagliava un dito, o comunque si procurava una piccola ferita, dopo avere detto una sfilza incalcolabile di bestemmie, si disinfettava con… il diluente. Si… è vero, l’ho visto io. Non ricordo però se era nitro o sintetico… Ma diluente era… D’altronde… un carrozzaio, un verniciatore, che pesava oltre 120 kg, mica poteva disinfettarsi con l’alcool no?

 

Quando andai là con mio padre e gli spiegammo la cosa, io gli chiesi il telaio rosso. Già allora era il mio colore preferito ma lui mi disse che me lo avrebbe fatto blu elettrico. Io insistetti per il rosso ma lui disse che se lo facevo blu me lo avrebbe fatto gratis. Io insistetti ancora, per averlo rosso a pagamento, ma mio padre (che avrebbe dovuto pagare) disse che il telaio sarebbe stato blu. E blu fu. "Ma perché proprio blu?" chiesi io. "A tal deg me: t'vad cal zaintvintiot lè ? Ecco... l'ha da dvanter blò e la to vernis la pega lo. Et capè ades ?" (Te lo dico io: vedi quel centoventotto la ? Ecco, deve diventare blu e la tua vernice la paga lui. Hai capito perchè, adesso ?) (Il centoventotto era la Fiat 128, la mamma della Ritmo e la nonna della Fiat Bravo). Questa fu la risposta del burbero carrozzaio, che subito minacciosamente aggiunse:
"Cinno… me at reghel la vernìs e an voj gninta, ma bada ban che a voj che te tott i dè ‘t vin que a lavurer compagn a chi etar, da ot our la mateina a si our la sira. San dacord?" (Ragazzo… io ti regalo la vernice e non voglio niente, ma bada bene che voglio che tu tutti i giorni vieni qua a lavorare come gli altri, dalle otto del mattino alle sei di sera. Siamo d'accordo?).

 

 Era giugno ed era un caldo bestiale. Per una settimana andai la col "trombone" (un altro vecchio motorino che faceva si e no i 65) a cartare… lisciare… abradere… fondo… stucco a spruzzo… ecc…. A mezzogiorno rimanevo, in via amichevole, a mangiare là con loro: lui, la moglie e la figlia, più tre operai, ragazzetti di 20-25 anni che lavoravano con lui. Sempre ovviamente in nero. Fin dal primo giorno, a pranzo, conobbi la figlia, più o meno mia coetanea. E da li nacque una sorta di simpatia reciproca, e durante il giorno mentre lavoravo, lei si fermava a parlare con me. Ricordo che era carina e mi piaceva. Cosa che non sfuggi ovviamente al burbero padre: "Cinno, te ta da lavurèr de piò e ster piò luntàin da mi fiola… E te cinna, via, a studier de là, muvet ! " (Giovane, tu devi lavorare di più e stare più lontano da mia figlia. E te ragazzina via, di là a studiare, muoviti !)

 

Naturalmente non lo diceva con cattiveria dentro… si vedeva che aveva un fondo di humor. Però si faceva intendere bene… E quando il telaio fu finito, blu elettrico verniciato a forno, splendido, e me lo rese, alla domanda di mio padre: “Tutto bene allora? “, ridendo sotto i baffi rispose: "Mo se… l’onic quel è che to fiol al sta trop atachè a mi fiola " (Ma si… l’unica cosa è che tuo figlio sta troppo vicino a mia figlia)
Mio padre non capì la sottile ironia e cambiò faccia guardandomi minaccioso, fino a che il tipo gli rise in faccia e gli offrì un bel bicchiere di vino. Era fatto così…

Eh… altri tempi…

 

La moto era senza libretto perché chi l’aveva prima di me l’aveva perso. Solo una volta mi fermarono i fetentissimi gufi (Vigili Urbani) di San Donato (Quartiere di Bologna). Erano peggio di quelli di Corticella anche se tra questi ultimi c'era il famigerato "Angelo" il gufo più fetente di Corticella e di Bologna. Quel giorno quelli di San Donato si erano appollaiati a metà di viale della Repubblica. Oggi è tutta una corsia d’incanalamento, semafori e ponti, e alla fine è anche a senso unico. Anche volendo, non puoi fare nemmeno i 60. Ma all’epoca era un vialone dritto con solo il semaforo, a metà. E quel giorno, lì,  c'erano anche i gufi (I vigili urbani a Bologna vengono detti gufi).

 

Nella parte inferiore del serbatoio della benza (cioè sotto) c’era una rientranza per tutta la sua lunghezza: serviva per poterlo accavallare al tubo centrale orizzontale del telaio e lì imbullonarlo tramite antivibranti in gomma. Lì sotto avevo installato un interruttore nascosto che, intervenendo a monte della bobina, mi spegneva la moto. Era una sicurezza in caso che qualcuno mi avesse detto che il rumore del motorino non era regolare: in questo caso avrei fatto la parte di quello che aveva il motorino che non andava, sperando così di farla franca, sfruttando la possibilità di far pena al gufo di turno. Oggi una roba così farebbe incazzare ancora di più il gufo, sempre più stressato, che ti manderebbe al collaudo prima di subito. Ma all'epoca erano davvero altri tempi. Quel giorno in viale della Repubblica il rumore non era troppo per cui andai tranquillo.

 

Mi fermarono (un gufo e una gufa) e mi dissero: "Documenti!". Io gli diedi la carta d’identità (all’epoca non c’era la patente per i 50ini) e poi gli dissi: "Io l’assicurazione non l’ho… non è mica obbligatoria vero?". Lo sapevo benissimo che non era obbligatoria ma dovevo distrarlo dal chiedermi il libretto che  non c’era. Rischiavo di essere mandato al collaudo. Ma il gufo: "No! Ma ci stai su questo motorino?". "Macchè… è un cesso che non va nemmeno a spingerlo… Mio padre non me ne vuole comperare uno nuovo… questo non va ‘na mazza… fa si e no i 60…" (Ma che balle raccontavo?). "Ma c’è il limite dei 40 per i ciclomotori!". "Si lo so… ma dicevo così per dire… ". "Non hai la marmitta standard… Il rumore è regolare? Fammi sentire… metti in moto…". "Ok… ma devo cucciare perché è un bidone" (Cucciare = spingere il motorino).
 

La messa in moto era a spinta perché la pedivella dell’avviamento batteva contro i poggiapiedi, che non erano proprio arretrati, ma nemmeno in posizione normale. Per cui l'avevo tolta, e senza pedivella dovevo spingere. Lasciai ai gufi la carta d’identità e cucciai la moto. Nel frattempo, senza farmi vedere, staccai l’interruttore nascosto sotto il serbatoio, togliendo corrente alla bobina e quindi alla candela. Spinsi… spinsi… boo… bo-booo… bo-booooo… zero. Lo ingolfai pure un pochino, volutamente… booo… bo-booo…. Sudatissimo guardai il vigile e con l'affanno per la fatica gli dissi: "Gliel’avevo detto che era un cesso!"

Spinsi per altri 30-50 metri e poi mi fermai, bagnato fradicio di sudore, e facendo finta di smanettare il carburatore tipo-apri-l’aria, accesi l’interruttore nascosto. Infine spinsi ancora un pochino e… Baaa… baaaaa…. Ba-baaaaaaaaaaaaaba………

Ero posizionato con l'espansione verso di lui e gli feci un mega sgasatone a 10.000 giri affogandolo in una nube azzurra di gas di scarico, resa ancora più fumosa dal fatto che il motorino era ingolfato. La miscela, in abbondanza, proprio causa l'ingolfamento, dava quel fumo azzurrognolo… Figuratevi un motorino ingolfato… Un fumazzone… Peggio dei fumogeni dello stadio. Il gufaccio mezzo intossicato, con un colpo di tosse mi intimò: "Va bene… va bene… spegni, spegni…" Mi da i documenti e poi: “Vai vai…” . Ancora una volta avevo gabbato i gufi!

Altri tempi… Altri tempi!!!

 

L’espansione era una Marving comperata usata da un amico a 3500 lire quando una nuova ne costava 7000. Anche il silenziatore era un Marving pagato 5000 usato, (nuovo 9000) ma solo perché il vecchio Simonini (che era più corto) faceva troppo casino anche con la lana di vetro nuova. Così lo ridiedi a chi me l’aveva venduto, anche perché dovevo ancora pagarglielo: 3000 lire. Quel Marving invece andava veramente bene. E i gufi non dicevano nulla… per cui… Bastava solo cambiargli ogni tanto la lana di vetro. Così come l'espansione, ogni tanto bisognava anche pulirlo internamente dalle incrostazioni di olio che si formavano attorno al tubo retinato interno. E ovviamente andava pulita anche l’espansione, ma se il silenziatore era smontabile in 4 parti (dietro, davanti e tubo retinato interno), l’espa non lo era di certo. Allora che fare? Ci voleva il cannello ossiacetilenico da riscaldo per bruciarla ben bene. Solo scaldandola così, oltre i 300 gradi, le incrostazioni si scioglievano e bruciavano, liberando tutto lo scarico. Ma chi lo aveva il cannello? Non c’è problema: un sedicenne che deve pulire l’espa e il silenziatore secondo voi si perde d’animo perché non ha il cannello? No no, il cannello me lo organizzo io!

 

Misi al centro del garage un bidone, tipo quelli da 25 kg di pittura - tempera per imbiancare la casa, ovviamente era di ferro e non certo di plastica. Ci misi dentro l’espa e il silenziatore tutto smontato, ci buttai dentro circa 1 litro di benza e infine buttai dentro un fiammifero acceso. Subito si levò una discreta fiammella quasi trasparente, tipo quella dell’alcool. Io ovviamente stavo lì a guardare, pronto con un panno a coprire il falò, se esso avesse preso una piega pericolosa. Brucia… brucia… l’espa e il silenziatore iniziano a scaldarsi. E le incrostazioni d’olio iniziano a sciogliersi. E dal bidone inizia a levarsi un leggero fumo grigiastro chiaro: normale.

 

Brucia… brucia… l’olio sciolto in mezzo alla benza inizia a scaldarsi, e sappiamo bene che questo, solo quando è caldissimo, inizia a bruciare con una fiamma molto rossa. E a fare fumo. Infatti il fumo aumenta… aumenta… L’olio brucia… brucia… la fiamma era sempre più rossa ma quasi non si vedeva più… solo un densissimo fumo ora grigiastro scuro che usciva dal bidone verso il basso, come se fosse acqua o altro liquido che stesse tracimando. Usciva e si abbatteva verso terra. In pochi istanti il garage era impraticabile. Dovetti uscire perché non respiravo più… fuori c’era il corsello del garage ma non c’era vento. E presto il garage completamente pieno di fumo iniziò ad inondare pure il corsello. Da fuori non si vedeva più il bidone, che era sempre lì al centro del garage. La visibilità verso l’interno era di mezzo metro al massimo.

 

Di li a poco anche il corsello iniziò ad essere invaso dal fumo. Che si liberava lungo le due grandi aperture sul soffitto, a cielo aperto, che servivano per dare aria e luce al corsello. Ricordo che la luce del sole illuminava le colonne di fumo che uscivano dalle due aperture, più da una che dall’altra, cioè da quella che era più vicino al mio garage. Di lì a poco iniziarono a sentirsi le tapparelle che si alzavano e la gente che iniziava a guardare giù. Finché arrivò giù la prima signora preoccupatissima perché temeva un incendio. La tranquillizzai ma dopo un po’ arrivò giù anche un altro signore, un ferrarese pensionato,  che stette a controllare… non si fidava. Fino a che la benza esausta, e l’olio esaurito,  fecero spegnere il fuoco. Dopo 10 minuti potei entrare  a recuperare l’espa e il silenziatore pronti per essere cartati e verniciati. Che difatti tornarono come nuovi.
Altri tempi…

 

Estate 1980: c'era una tipa che mi piaceva e stava con la cumpa (compagnia) alla Bolognina (Quartiere di Bologna adiacente al mio). Solo che erano un po' loffi (Spenti, rammolliti) e alle 11 andavano a letto. Allora io e un mio amico che aveva un Cambridge nero con un 19 laterale (anche perché centrale non ci stava - il carburatore) stavamo la a "tacchinare" (a lui gli piaceva un altra) e poi quando andavano a letto, venivamo dai nostri amici. Siccome il mio amico sapeva che prendeva della III da me, (cioè io in III lo battevo in velocità) mi sfidava solo nelle riprese (io avevo i rapporti un po' lunghi) ed eravamo +/- lì. L'usanza era quella di svoltare nell'ultima via, cieca e che finiva con una rotonda, di fare la ripresa, e far a gara chi frenava più tardi, cioè chi arrivava primo alla fine di questa strada cieca con rotonda dove stazionavano i nostri amici. Puntualmente verso le 11:15 - 11:30 loro sentivano due sgasatone, con cambiate a 10.000 giri, due pazzi che arrivavano a 70/80 (la strada era lunga 250 m.) e solo all'ultimissimo momento, prima del muro di fine strada, frenavamo al massimo con il freno anteriore e inchiodavamo quello posteriore lasciando ogni volta sull'asfalto una buona parte di copertone posteriore. Questa era la prassi di ogni sera, fino a quella sera che...

Arriviamo tranquilli come al solito e girammo l'angolo per iniziare la sgasatona / ripresa finale, quando da un palazzone adiacente saltò fuori mio fratello agitando le mani come un pazzo implorandoci di fermarci subito. Poi ci spiegò che alla rotonda (a fine strada) proprio li dal centro civico c'è Angelo e un altro collega che stanno sequestrando la vespa a B*******. Questi era uno dei peggiori adolescenti delinquenti del quartiere: risse, detenzione spaccio di droghe, furti... ne aveva di ogni. Angelo invece era lui... il peggior vigile urbano del quartiere e forse della città. Tutti noi lo conoscevamo per la sua fiscalità e intransigenza che a volte sfociava nella stronzaggine ed era leader nel dispensare multe a go-go ad ogni adolescente che non fosse stato in regola. Anni prima ero in un cortile a giocare a pallone con altri miei amici: La porta era il cancello del cortile e un avversario tirò il pallone alto che finì in strada, ma quando andai a raccattarlo mi trovai il Fiat 124 dei gufi con a bordo lui, il temerario, il fetente Angelo, che tirò giù il vetro e mi disse:" Giovane, la prossima volta c'è la contravvenzione".

 

Quella sera mi fermai, spensi lo stesino, spostai il mio interruttore segreto e misi il lucchettino alla corona posteriore (che aveva i fori per alleggerirla): quello era il mio blocco moto antifurto. Anche il mio amico chiuse il motorino, nascosto, nel palazzone e con mio fratello, il salvatore, andammo a piedi a vedere la scena. C'erano già tutti i miei amici in "tribuna" ed era pure arrivato il carro attrezzi per sequestrare la vespa (probabilmente rubata o simile). Con il delinquente di quartiere c'era pure il suo amico, fattissimo che manco si reggeva in piedi (oggi se sei così alla guida ti arrestano). Dopo aver caricato la vespa sul carro attrezzi, Angelo compilò il nutrito verbale e lo diede al delinquente dicendogli:" Ecco, questo è per pagare". Il delinquente lo prese, lo accartocciò e con fare di sfida disse:" Si, si lo pago, certo, certo..." poi prima se lo mise in bocca, poi lo masticò e infine glielo sputò davanti ai piedi, girò le spalle e con l'amico fatto, se ne andarono a piedi. Dopo 5 minuti anche Angelo e il collega smobilitarono, ma io attesi almeno un ora prima di andare a riprendere lo stesino. E per paura di trovare ancora Angelo nei paraggi, venimmo a casa a piedi con le moto spente e l'interruttore rigorosamente inserito che simulasse cioè un guasto: le precauzioni non erano mai troppe con Angelo. Da quella sera non facemmo più la corsa con l'inchiodata finale: avevamo imparato a voler più bene ai nostri motorini. A dir la verità temevamo che ci fosse Angelo nascosto nei paraggi.

Altri tempi...

 

Un giorno ruppi il rubinetto della benza, avvitato ad immersione nel serbatoio. Costava 1500 lire e per non comprarne uno nuovo, riparai quello vecchio. Solo che per fare questo avevo dovuto eliminare la reticella e la pipettina di plastica che vanno all’interno del serbatoio, e che servono per avere la riserva. Ma a me la riserva non serviva perché ne avevo una super!!! Avevo messo una giunzione a T sul tubo che dal rubinetto della benza andava al carburatore, e avevo collegato mezzo metro di tubo fissandone l’estremità al copri ghiera del puntone centrale del movimento dello sterzo. In questo modo, per l’effetto dei vasi comunicanti, avevo a vista, il livello costantemente aggiornato della benza che c'era nel serbatoio. Poi con un pennarello avevo tacchetttato questo tubo, litro per litro (con sottomultipli al quarto di litro): così sapevo sempre, e con esattezza, quanta benza avevo. La riserva del rubinetto che non avevo più mi faceva un baffo in confronto al mio sistema degno di una Ferrari. Come ho detto, l’estremità di questo tubo andava a conficcarsi (ma solo per estetica) nel copri ghiera del piantone del perno del manubrio. Questa estremità del tubo deve essere completamente libera e fare passare l’aria perché il sistema dei vasi comunicanti funzioni. Se io l'avessi tappato, esso non avrebbe indicato il livello di benza nel serbatoio.

 

 Quel giorno ero sulla SS 64 verso FE a Ca de Fabbri, prima di Altedo. Erano le 12:30 e stavo tornando a casa per andare a mangiare. Era luglio e c’erano 35°C quando la moto: boo… bo-boooo… boooooo… zero! Ferma. La benza? Il mio indicatore segnava 3 litri. La candela? La smonto e spingo la moto in prima: fa la scintilla… guardo dentro il serbatoio: SECCO! L’indicatore a vasi comunicanti, il tubo fatto da me, era otturato e non comunicava più! Vabbè… ero fermo e avrei dovuto attendere le 15:30 che aprisse il benzinaio del paese (un po’ fuori paese all’epoca). Tanto valeva che spingessi verso casa e poi al primo benzinaio aperto mi sarei fermato. Sono arrivato a casa alle 15 dopo essermi fatto 9 km, cucciando il motorino sotto il sole di luglio. Da quel giorno rividi profondamente il sistema dei vasi comunicanti,  modificando sostanzialmente il fermo che reggeva l’estremità del tubo indicatore. Altri tempi, quelli dei vasi comunicanti…
Altri tempi davvero…. Quasi 30 anni fa !

 

 

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